Fiorenzuola di Focara è uno dei quattro castelli edificati tra il X ed il XIII secolo che, assieme a Casteldimezzo, Gradara e Granarola,  costituiva un organico e complesso sistema difensivo per il controllo del valico della Siligata, posto sul confine dei possedimenti della Chiesa Ravennate e della Chiesa Pesarese, e, successivamente, tra i territori dei Malatesta di Rimini e di quelli dei Malatesta Pesaro. Questo piccolo meraviglioso borgo, che durante la fioritura delle ginestre sembra un incantevole cameo incastonato tra il blu del cielo e i verdi del mare, era chiamato semplicemente Fiorenzuola; alla fine dell’Ottocento fu aggiunta la specificazione di Focara, forse per via dei di fuochi di segnalazione che venivano accesi per i naviganti fin dall’antichità o, altra ipotesi, per la presenza delle fornaci per laterizi e terrecotte, che in dialetto romagnolo sono chiamate fuchèr o fughèr, ossia focare. In questo incantevole e microscopico paese, passò anche Dante Alighieri, che lo citerà, con fatti qui accorsi, nel XXIII canto dell’Inferno della Commedia, riportati su una lapide posta sopra l’arcata della porta urbica. Non sono tante le strutture che testimoniano la storia di Fiorenzuola di Focara, ma rimangono ancora alcuni portali del ‘600-‘700 con i loro singolari picchiotti, i resti delle mura medievali e la bellissima Chiesa di Sant’Andrea, risalente al XII secolo. Il centro del paese, minuscolo, si sviluppa tutto attorno a Piazza Paoli, e colpiscono la cura con cui è tenuto questo piccolo borgo, con i suoi vicoli e le sue piazzette quasi sempre adorne di fiori e di memorie, con alcuni belvedere su cui non si può davvero fare a meno di fermarsi.

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