San Leo è uno dei luoghi più suggestivi e peculiari del Montefeltro, dove l’architettura militare della bellissima Rocca sembra fondersi con la roccia su cui sorge. La salita che si percorrere per raggiungere la sommità del monte è impressionante. La leggenda vuole che su questo monte si sia stabilito in eremitaggio Leone, scalpellino dalmata che, dopo aver lasciato il lavoro al porto di Rimini, assieme a Marino che si ritirò sul Monte Titano e ad Agata che si fermò a Sant’Agata Feltria, intraprese la sua opera evangelica nell’entroterra feretrano durante il IV secolo, scegliendo per le sue prediche il Mons Feretrius – così si chiamava il monte dove ora si erge San Leo – dove sorgeva il tempio dedicato a Giove Feretrio, diventando in seguito il primo Vescovo di Montefeltro. Grazie alla sua posizione dominante, San Leo è stata ambita e contesta nel corso dei secoli, diventando, tra il 961 e il 963 capitale del Regno italico sotto Berengario II. Dopo l’anno 1000, San Leo fu donata alla Chiesa romana e il borgo prese il nome di San Leo, mentre la Diocesi conservò il nome di Montefeltro. Da allora San Leo fu al centro degli accesi scontri tra Guelfi e Ghibellini, diventando feudo dei Montefeltro, autori della fortificazione dell’inespugnabile Rocca che si trova sulla punta dello sperone. L’importanza di questa cittadina nella geografia politica dell’epoca è testimoniata anche dal passaggio di San Francesco prima, che qui ricevette in dono il Monte della Verna dal Conte Orlando di Chiusi, e di Dante Alighieri poi. L’importanza della centro è ancor’oggi testimoniato dalla presenza dei suoi magnifici monumenti, come il Duomo, la Pieve di Santa Maria Assunta, la Torre Campanaria, la seicentesca Chiesa della Madonna di Loreto ma anche dal Palazzo Mediceo, il Palazzo della Rovere e altro ancora. Nel 1631 San Leo entrò a far parte dei territori dello Stato Pontificio, e la sua Rocca venne adibita a carcere. Sono tante le leggende che avvolgono questa mirabile fortezza, ma la più famosa è sicuramente quella legata alla scomparsa del Conte di Cagliostro, qui incarcerato, il cui corpo, dopo la morte, scomparve misteriosamente senza lasciare traccia. Ancor’oggi in quella che fu la sua cella, non mancano mai fiori freschi…

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