Palazzo Ducale di Urbino è il monumento più ricco e significativo che caratterizza il profilo di questa meravigliosa città. Con le sue innumerevoli sale adorne di magnifiche porte intarsiate, di finissimi bassorilievi, di delicati fregi e preziosi affreschi e nonostante le spoliazioni subite negli anni, conserva gran parte degli elementi che hanno caratterizzato la vita di corte nel basso Medioevo e nel Rinascimento. Palazzo Ducale è uno dei più interessanti esempi architettonici ed artistici dell’intero Rinascimento italiano e si svincola dalla tradizionale concezione di palazzo signorile inteso come fortezza militare preposta ad assolvere compiti di dominio e difesa della città. Pur essendo una residenza fortificata, colpisce l’accessibilità al Palazzo Ducale senza ponte levatoio, nessuna cinta difensiva ma un ingresso che si apre su un cortiletto dalle magnifiche proporzioni; elegante dimora che racconta a tutt’ora del raffinato gusto del Conte Federico da Montefeltro, nominato Duca nel pieno dei lavori di costruzione di Palazzo Ducale, nel 1474. A lui è dedicata la Piazza su cui si affaccia questa meraviglia architettonica. Una delle peculiarità del Palazzo è la perfetta fusione tra una sapiente architettura artistica ed un territorio contrassegnato da dislivelli. Palazzo Ducale ospita la sede della Galleria Nazionale delle Marche che occupa tutte le sale finora recuperate al primo e secondo piano, per un totale di circa 80 ambienti dove sono esposti capolavori di fama internazionale che vanno dal Trecento al Seicento che hanno segnato la storia dell’arte ben oltre i confini del Ducato di Urbino. Il Palazzo  fu voluto da Federico da Montefeltro che, attorno alla metà del XV secolo, ne affidò i lavori al fiorentino Maso di Bartolomeo. La costruzione, interamente realizzata con mattoni provenienti dalle fabbriche della zona, andò ad inglobare l’antico Palazzo della Jole, che ha dato il nome alla sala dove si trova la bellissima lunetta in terracotta invetriata di Luca della Robbia. Ma le note forme del palazzo sono frutto dell’ingegno dell’architetto dalmata Luciano Laurana che disegnò lo splendido cortile d’onore, lo scalone e la stupefacente facciata dei Torricini ed inoltre innalzò i corpi di raccordo con il vecchio Castellare. Nel 1472 a Laurana subentrò Francesco di Giorgio Martini che portò l’opera quasi a compimento e che curò gli interni con preziose decorazioni. Per la realizzazione delle cornici dei portali e delle finestre fu chiamato lo scultore milanese Ambrogio Barocci, che realizzò anche le 71 formelle in pietra bianca rappresentanti Strumenti di Guerra e di Pace, poi rimosse dagli schienali dei sedili che corrono lungo le due facciate ad ali nella zona dell’ingresso e ora collocate all’interno della Biblioteca del Duca, ed ancora i principali ornamenti delle grandi sale interne. I lavori si interruppero con la morte del Duca Federico nel 1482 e ripresero solo nella prima metà del Cinquecento, sotto la direzione dell’architetto Girolamo Genga. Nel frattempo al Duca Federico era subentrato Guidobaldo II della Rovere che commissionò il secondo piano del palazzo; la sua edificazione assorbì la merlatura, cambiando la fisionomia originaria. Oltrepassato il portale in travertino scolpito ci si trova nel Cortile d’Onore, a pianta quadrangolare attorniata da un porticato con archi a tutto sesto sostenuti da colonne dai capitelli corinzi: l’armonia e l’equilibrio di questo spazio è davvero di rara bellezza, sottolineato dai giochi cromatici regalati dall’alternarsi del rosso dei mattoni con la pietra bianca. Dal piano terra si può scendere ai bellissimi sotterranei dove si trovano le cucine, la neviera per la conservazione delle vivande, i forni, ma anche i bagni del Duca, le scuderie e le stalle. Per gli spazi delle cucine e dei bagni ducali, Francesco di Giorgio Martini ideò il complesso impianto idrico per il quale il palazzo andò famoso ai suoi tempi e che consentiva di avere acqua corrente e un sistema di riscaldamento. Sempre dal piano terreno si accede alla sala che contenne la Biblioteca del Duca i antichi libri sono ora custoditi nella Biblioteca Vaticana. Nei locali che costituivano gli Appartamenti dei gentiluomini d’arme ora si trova il Museo Archeologico dove sono esposte antiche epigrafi sepolcrali e urne di grande pregio. Salendo il notevole scalone d’onore, si giunge al piano nobile dove inizia il percorso espositivo della Galleria Nazionale delle Marche. Dopo aver attraversato le stanze degli ospiti si aprono gli appartamenti del Duca e della Duchessa, fregiati da alcune delle più opere ora ammirabili della Galleria. Nell’Appartamento del Duca incontriamo subito la Sala delle Udienze con le splendide tele di Piero della Francesca che raffigurano la Madonna di Senigallia e la Flagellazione. Mirabili gli intarsi che impreziosiscono lo Studiolo del Duca, dalla simbologia ricchissima, opera della bottega del fiorentino Baccio Pontelli probabilmente su disegno di Francesco di Giorgio Martini, con il soffitto realizzato da Giuliano da Maiano e della sua bottega fiorentina. Riscendendo dalla scala a chiocciola del Torricino di destra si raggiungono la Cappellina del Perdono, piccolo scrigno ornato da una deliziosa volta arricchita di volti di cherubini scolpiti nel marmo, ed il Tempietto delle Muse, che racchiudeva otto tavolette realizzate da Giovanni Santi e Timoteo Viti, oggi esposte alla Galleria Corsini di Firenze. Proseguendo si entra nella Sala degli Angeli, così chiamata per via dei fregi di Domenico Rosselli che ornano il camino. Le lunette e le porte intarsiate arricchiscono questo vero forziere dell’arte che custodisce la Città Ideale attribuita a Leon Battista Alberti e Luciano Laurana, la Profanazione dell’Ostia di Paolo Uccello e la Comunione degli Apostoli del fiammingo Justus van Gent e la Profanazione dell’Ostia di Paolo Uccello. Il Salone del Trono è l’ambiente più maestoso e ampio del palazzo, con belle decorazioni e con una raccolta di arazzi seicenteschi realizzati su cartoni di Raffaello. La Sala delle Veglie immette nell’Appartamento della Duchessa dove è conservata una delle tele più celebre di Raffaello Sanzio: La Muta, noto anche come Ritratto di gentildonna assieme alla Santa Caterina d’Alessandria, opera giovanile del pittore urbinate. La Camera della Duchessa, il Guardaroba e la Stanza della Preghiera chiudono l’appartamento. Il secondo piano che fu trasformato in Appartamento da Guidubaldo II Della Rovere espone opere pittoriche, disegni e cartoni dalla fine del Cinquecento alla seconda metà del Seicento con artisi come Barocci, Gentileschi, Guerrieri ed un’interessante collezione di ceramiche.

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